mercoledì 12 settembre 2012

Otto dollari (impiego di neuroni previsto: 2)

Il mio zio americano -appena conosciuto, mai visto prima di qualche giorno fa se non in foto- mi dice, tra le altre cose, che a New York, per attraversare un ponte, un solo ponte, paga otto dollari. Penso inevitabilmente a quanto siano diverse le culture, le società, le abitudini. Penso che in Italia paghi -e molto- per un tratto di autostrada che nel più delle volte è proverbiale, segno distintivo di una nazione che va a rotoli. Penso che in Italia sarebbero molte le cose da correggere, ma che con queste, inevitabilmente, si correggerebbe un'identità. E poi penso quant'è buffo che in questa vita qua tutto -ma proprio tutto- abbia un prezzo. Attraversare un ponte che magari ti condurrebbe alla felicità -trovata in un giorno qualunque, dentro un caffè che prima di allora non sapevi neanche che esistesse, alla fine del ponte, nell'attraversare quel ponte... - costa otto dollari. Otto, che se fossero 120 non cambierebbe nulla. La sostanza è che non si ha mai nulla per nulla, e che per avere quel tanto ambito momento di serenità, qualcosa prima o poi darai in cambio. Alla vita, che tanto gentilmente ti ha donato un momento su mille. Uno solo, che generosità. Le darai lacrime, sgomento, rassegnazione, o forse solo un attimo interminabile di apatia. Ma pagherai. Allora accade che d'improvviso capisco che baciare il mio migliore amico non è stata una buona idea, che vederci in un modo nuovo, come mai prima di ora ci eravamo visti, beh, non è stata una buona idea. E' che al passaggio nessuno gridava "un fiorino", eccetto la mia coscienza. Facile è stato evitare di sentirla, solita stupida illusa. Ché pensa di saper tutto lei, e invece appena le affidi qualcosa sai che sbaglierà. Si sovrappone, ogni volta, alle tue necessità. Un bacio che è costato molto più di otto dollari, un bacio che più che un bacio è parso un addio. Addio a te così come sei, addio a noi così come siamo. Otto dollari è costato dirsi che è stato uno sbaglio, che sommati agli otto del bacio siam già a sedici. Il mio zio americano, tra le altre cose, sorride spesso. E' felice -mi dico- di essere tornato in Italy dopo quaranta anni, sorpreso di ritrovare gli stessi luoghi ma così cambiati. Sorride ed io mi sento come a casa mia, lì, nel suo sorriso. Senza attraversare nessun ponte, o nessun oceano. Io che sono sempre ferma e che di dollari, a dirla tutta, non ne ho mai pagato neanche uno. Erano euro. O forse era solo vita. Attimi. Rapporti. Promesse. Disfatte. Tutte pagate lì, al passaggio tra quello che è giusto e quello che volevo. Le cose mutano, mi attraversano, cambiano direzione. Improvvisamente. Eppure, non so perché, sento di non aver mai -dico mai- attraversato quel ponte.

Adelaide saluta lo zio americano e negli occhi prova uno strano senso di nostalgia verso cose che mai ha potuto vedere, che mai ha potuto conoscere. Si tocca ancora il neo che ha sulle labbra, ripassa storia dell'arte in una mattinata qualunque. Sbuffa appena, china la testa e sorride.
Arriverà, si dice Adelaide, un ponte per cui valga la pena svuotare il portafoglio. Arriverà.




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