venerdì 14 dicembre 2012

Il tempo non esiste (impiego di neuroni previsto: 1,5)

Allora io, una giustificazione alla mia affermazione costante "IL TEMPO NON ESISTE" devo pur trovarla. Non so, a me sembra così naturale concepire il fatto che non c'è, non esiste in natura. E dunque non esiste la fretta, non esiste il ritardo, non esiste l'anticipo. Non esiste "se solo fossi arrivato un momento prima....", non esiste. Punto.

"Il tempo ti fotte sempre", dice A. in una delle nostre conversazioni insensate da pausa-studio. Il tempo ti fotte e tu vuoi esser fottuto/a, penso io senza dirlo. E non mi riferisco nello specifico ad A., è condizione insita nell'essere umano. Il tempo ti frega così astutamente che non fai in tempo a dire oh cacchio che già s'è fregato tutto: e allora succede che ti ritrovi, ad un punto della vita, senza niente. Niente che valga la pena di esser vissuto, niente per cui sia necessario provarci. Ti persuade, il tempo, a credere che di niente ti importi niente. Ecco, io l'ho vissuto questo. Ma mai totalmente, ché spesso penso che come ragione di vita sia sufficiente il sapore della liquirizia. (E questo è sempre stato il mio problema principale, dare alle cose sempre un valore, un'importanza, quantomeno per l'emozione che queste cose ti danno. Ecco. Venticinque anni e molta infantilità, quando mi accorgo che sono tutta un capriccio, che quello che voglio deve esser mio a tutti i costi, senza se e senza ma, mio, punto. Spesso senza dare nulla in cambio, se non un valore, astratto, ideale, ma pur sempre un valore). Il tempo ti fotte e tu vuoi esser fottuto. Sì, lo fai apposta, un po' perché scappi, un po' perché sei tristemente rassegnato. Il tempo ti frega quando ti accorgi improvvisamente di essere in ritardo con gli studi, con tutte le intenzioni di farti sentire incompetente, pigro, demotivato. E ce la fa, eh. Ma per fortuna a volte vince l'autostima. Poi succede che in un giorno qualunque, per un momento solo, breve e unico, il tempo sembra fermarsi. No, non sto parlando di morte o coma, o situazioni tragiche. Anzi, forse sì. Anche perché nella categoria "stop al tempo", generalmente al secondo posto, dopo la signora morte, c'è il momento in cui incontri la persona dei tuoi sogni: un'altra tragedia, la morte di te stesso. Ecco. Dico io, piantiamola. Non è vero che si ferma il tempo, sei solo tu che desideri che questo accada. Non è lui/lei la persona perfetta per te, è solo che ha scelto il giusto momento. Sei tu, con la tua snervante voglia di essere amata/o, che credi di amare. Sei tu. E il tempo, mai assopito, ad un certo punto ritorna e ti rifotte. Stop. Basta. Sveglia. E' finita. Ed è finita perché tu hai voluto che finisse. Però, per esempio, qualcuno si è mai posto il problema fondamentale dell'amore per sé stessi? Ecco, se uno ama sé stesso, il tempo non ti fotte. O almeno ti fotte di meno. Senza contare la consapevolezza che il tempo non esiste, che pure non dev'esser roba da scienziati. 

E che, se solo fossi arrivato un momento prima, non sarebbe stata neanche roba mia.

giovedì 6 dicembre 2012

Indovina chi (impiego di neuroni previsto: 2)

E. va in bagno per pochi minuti e mi lascia ad attenderla a gioco iniziato. Penso a quale domanda porle al suo ritorno e la tentazione di imbrogliare è forte. Non lo faccio. Non lo faccio e allora penso:

No, non mi piace l'ananas. Non mi piacciono i cani. Non sono una persona affidabile, né una di quelle persone sulle quali contare nel momento del bisogno. Sono costantemente assente, presa dalle mille ipotesi sul futuro che sistematicamente non si avvereranno. Non mi piacciono le arance. Odio l'odore degli agrumi tutti. Sopporto a stento le persone rassegnate, quelle più rassegnate di me, intendo. Ho una particolare attitudine per la solitudine e per l'alcolismo, senza contare le ripetute crisi di identità che spesso mi affliggono. Ho due blog, quattro o cinque nickname sparsi nel web. Soffro l'abbandono, lo soffro al punto che penso di esser stata abbandonata prima che mi abbandonino. Non sprizzo gioia da tutti i pori, no, sono discreta e silenziosa. Troppo, ma solo con chi conosco poco. Non amo in un uomo le mani magre, i denti larghi, la voce acuta. Non rispetto un orario che sia uno, e mi annoiano le persone puntuali. Adoro il sesso la mattina, il caffè tiepido, i complimenti sottintesi. Non mi piacciono le donne che seguono la moda, che ne fanno un comandamento, un'imposizione voluta. Ho un'intolleranza alimentare a qualche tipo di mollusco, ancora non ben identificato. Soffro il caldo, amo l'inverno. Il mio colore preferito è l'arancione. Quando avevo quattordici anni mio padre è morto causa malattia. Mi commuovo spesso, invento parole nuove. Adoro sfogliare il dizionario. Sono una ignorante in molti campi, compreso il mio. Mi piace far la doccia appena prima di dormire e confondere il mio odore con quello delle lenzuola pulite. Ho un rapporto pacifico con la morte, un po' meno con la vita. Amo le città di media grandezza, non troppo affollate, mediamente rumorose. Amo il francese, le cucine straniere ma non la cinese e nemmeno la giapponese. Mi piace il cinema coreano, o anni '60. Piango e rido insieme, almeno una volta al mese. Non mangio kiwi, metto solo smalto bordeaux, adoro le infradito. Sono costantemente in un periodo di riflessione, nel senso che rifletto assai. Mi piace scrivere, ma mi riesce male. Mi piace disegnare, ma mi riesce peggio. Ho una voglia immediatamente sotto il sopracciglio destro, un po' sfocata e al caffè. Una cicatrice sotto il mento. Porto un solo orecchino. E parlo sempre di me.

"Ha i baffi?"
La domanda improvvisa di E. mi ricorda che, in questo gioco di indovinare il personaggio - uno a caso, ritratto sulle caselle che ho davanti- non c'è il mio volto. E che non mi farebbe mai domande del genere, ecco. Però dovessi descrivermi, io sarei proprio così. Compresi i baffi. 
Abbasso le caselle giuste e corro a fare la ceretta, un'altra scusa per guardarmi in faccia e per guardare occhi negli occhi la realtà.

"E' Sam!"

Niente da fare, vinco sempre moi.