venerdì 23 ottobre 2015

Bicchiere a metà (impiego di neuroni previsto: 6)

Il primo passo verso la guarigione è la consapevolezza: bene, peccato che io sia affetta da questa malattia e allo stesso tempo consapevole di esserlo praticamente da sempre. Dunque, sono ferma al primo passo da una vita.
Il secondo - dicono - è imparare a prendersi cura di sé.  Ammetto di non averlo sempre fatto e di aver spesso dato priorità alle eaigenze altrui, mordendomi la coda. Un circolo vizioso che non conosceva freno, e ruotava, ruotava, ruotava. Ma da qualche tempo - e lo affermo presa da un sentimento di gioia che è misto a taaaanta, tanta soddisfazione - io mi prendo cura di me: coltivo le mie passioni, mi do da fare per crearmi un futuro, sono a dieta, curo i miei capelli come mai prima di oggi - a tal proposito, Adelaide ci tiene a consigliare a tutto il mondo prodotti biologicissimi, ché la chimica è certo nemica della salute -.
Insomma, forse il secondo passo è compiuto.
Ed ecco il terzo passo - che mi sembra di gran lunga il più assurdo -: inizia a vedere il bicchiere mezzo pieno. A parte che Adelaide il bicchiere mezzo pieno se lo scola, mi sembra assurdo si possa porre la cosa come fosse una mera istruzione, da compiere affinché - sì, amici che ci seguite da casa - tutto si risolva magicamente. Ebbene, io il bicchiere mezzo pieno non l'ho mai visto e non credo riuscirò,  dall'oggi al domani, a farlo.
È per questo che il quarto passo non ho neanche voluto leggerlo. Io sono ferma al secondo.
La chiamano SINDROME DA ABBANDONO e cozza terribilmente col mio orgoglio femminilissimo. E già che la chiamino SINDROME, qualcosa mi puzza. Tuttavia l'ho ammesso, io, di essere malata. Riconducono la "malattia" ai più disparati avvenimenti vissuti da bambini, primo fra tutti la perdita di un genitore, che in qualche modo traumatizza la persona in modo quasi irreparabile e semina il terreno sul quale si costruirà la personalità del cosiddetto "soggetto". Da qui la paura di perdere qualunque cosa - persone, momenti, luoghi, oggetti - possa donare felicità.  Ecco, io ho perso mio padre all'età di quattordici anni, è vero. E certamente la sua perdita è stata quanto di più doloroso e straziante io abbia mai provato - un vuoto che non c'era e che ora c'è e ci sarà per sempre -. La terra è mancata sotto le suole, e c'è voluto tempo - ce ne vuole ancora - e c'è voluta tanta forza. E sì, ho pensato a lungo che la vita facesse schifo, ho pianto molto, ho conosciuto stati d'ansia che i miei coetanei, la maggioranza di loro, nob sapevano neanche cosa fossero. Ho perso tutto, all'improvviso, nel pieno del mio sorriso migliore. Ma questo non basta a spiegarmi questa fottutissima paura. E no, perché è vero che ho perso un padre, ma è altrettanto vero che ho avuto accanto - a combattere al mio fianco lo stesso dolore - persone che mai,mai ,mai mi lasceranno. La certezza che, ovunque io sia, loro ci saranno - tendermi la mano, chiedermi la mano -.
E allora no, mi dico, no. Non mi basta la pseudogiustificazione che "sì, poverina, ha perso il padre da ragazzina...". Zitti, ddiomio, zitti. Si vive, si ride, si guarda avanti. Si ha paura, anche, a volte. Ma si vive.
Dalla mia malattia ho imparato che non importa quante possibilità ci sono che una persona vada via da te. Quello che importa è essere preparati al momento in cui questo avverrà.  Purtroppo, spesso mi preparo troppo presto.
Mio padre è morto, ma è qui con me: nelle mie pagine, nei miei discorsi,  nei miei libri, nel mio cuore. Sono altre le persone che sono andate via senza lasciare traccia: amanti di ieri, amici rubati, sorrisi mancati. È questa la mia malattia. È di questo che ho paura: l'assenza,  sì, ma quella vera, quella totale, quella in cui io non conservo ricordo alcuno, quella del tempo sprecato.
Il primo passo verso la guarigione è la consapevolezza.


(Adelaide tace, per una volta almeno, e si sofferma ancora su un'unica frase: bicchiere a metà. Si dice che di tutte le bellezze la più bella sia la verità. E la verità di Adelaide non è che quel bicchiere a metà, niente proprio niente di più:

glùglùglù)








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